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16/04/2019
Il rapporto Noi Italia 2019 presenta 100 indicatori per capire il paese. 56,1 persone sono in età non lavorativa ogni 100 in età da lavoro
Un paese più vecchio, con meno bambini, meno persone che lavorano e più anziani in età da pensione. È il quadro emerso dagli ultimi dati Istat divulgati con Noi Italia 2019. Il rapporto, datato 11 aprile, analizza la situazione del BelPaese attraverso 100 indicatori come statistiche anagrafiche, economiche e sociali.
Emerge uno scenario con elementi positivi e negativi e un dato di fatto: l'Italia è al primo posto nella graduatoria decrescente per l'indice di vecchiaia.
Secondo Istat, nel nostro paese ci sono 168,9 anziani ogni 100 giovani. La speranza di vita si conferma stabile ed è stimata a 80,8 anni per gli uomini e 85,2 per le donne.
Le statistiche demografiche confermano che il numero di figli per donna è 1,32.
Questa media fotografa una situazione in cui alcune donne non hanno figli, altre famiglie hanno uno o più bambini; il valore di 1,32, peraltro, è la prova che la popolazione italiana non è destinata a crescere nei prossimi anni. Il numero minimo per garantire il ricambio generazionale è di 2,1 figli.
In un paese sempre più vecchio, ogni 100 italiani in età da lavoro ci sono 56,1 persone in età non lavorativa.
Cosa dice Istat sugli occupati
Nel 2018 il tasso di occupazione dei 20-64enni sale al 63,0%. Il tasso di disoccupazione si riduce per il quarto anno consecutivo, attestandosi al 10,6%, più alto di 4,5 punti percentuali rispetto al minimo del 2007. Il lavoro a termine raggiunge il 17,0% nel 2018, mentre è stabile la quota di occupati a tempo parziale. Il 13,1 degli occupati è ascrivibile, invece, nell'area del lavoro sommerso.
Ancora: il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) scende al 32,2% nel 2018, due punti e mezzo in meno rispetto all'anno precedente. Per il quarto anno consecutivo, diminuisce anche la mancata partecipazione, cioè il numero degli italiani che sono disponibili a lavorare, ma non cercano attivamente lavoro.
Nella maggior parte dei casi, Istat conferma una dinamica già nota negli anni scorsi: i numeri sono tendenzialmente più sfavorevoli per le donne e per gli occupati nel Mezzogiorno.