Didonè sulla riforma sanitaria della Lombardia: operazione di chirurgia estetica

Didonè sulla riforma sanitaria della Lombardia: operazione di chirurgia estetica

Sanità

10/06/2021



La riflessione sulla bozza di riforma presentata dall’assessore Moratti. Da chiarire i rapporti tra pubblico e privato, la definizione dei territori, i compiti affidati a Ats e Asst

Emilio Didonè interviene sulla riforma sanitaria della Lombardia. Nella nota stampa diffusa oggi, giovedì 10 giugno, il segretario generale Fnp Cisl Lombardia commenta la bozza di riforma che Letizia Moratti, assessore al Welfare di regione Lombardia, ha presentato di recente.
Didonè sottolinea che sul tavolo restano aperti ancora molti problemi:

“il progetto fa nascere nuovi dubbi sulla bontà dell’idea e su quanto la parte pubblica della sanità lombarda e soprattutto la ricaduta sul territorio  o meglio, il ritorno sul territorio di quanto la riforma precedente aveva tolto,  sarà effettiva e quanto di questo andrà a scapito di una sanità privata, che ha mostrato tutte le lacune di un sistema incapace di intervenire su un’emergenza quale quella che abbiamo appena vissuto”.  

Didonè mette in evidenza i punti evidenti di una situazione crollata, e non solo nell’immaginario pubblico, da una posizione di eccellenza a una di mediocrità evidente.

Didonè sulla riforma sanitaria della Lombardia: le lacune attuali

Il segretario generale del sindacato dei pensionati lombardi ricorda la sanità paralizzata dall’effetto Covid e i rinvii continui dell’attività regolare degli ospedali, dove 7 su dieci, tra esami e visite specialistiche, sono rinviati. Richiama l’attenzione, inoltre, sul caso dei medici di famiglia, con centinaia di posti scoperti sul territorio sempre a favore di attività legate alla pandemia, con situazioni a macchia di leopardo che si fanno sempre più grosse e evidenti.

Dice Didonè: 

“Quella dei medici è una situazione che denunciamo da anni, anche in tempi non sospetti: il  pensionamento di un gran numero di medici era atteso proprio in questo periodo. I posti aggiunti in più ogni anno, non permettono di tenere il passo con i posti vacanti. Inoltre, l’epidemia sta spingendo diversi professionisti ad accedere alla pensione prima dei 70 anni......”.

Il progetto di riforma? Un maquillage

La bozza di riforma sanitaria non dà la percezione di una volontà di cambiamento concreto. Per Didonè si ha 

“l’impressione che regione Lombardia annuncia ai quattro venti di voler cambiare tutto per non cambiare niente, ingannando per l'ennesima volta medici, infermieri, operatori in prima linea ma soprattutto i cittadini lombardi”. 

Non convince il fatto che manchi una struttura centrale regionale di indirizzo e coordinamento delle attività sanitarie a livello di Direzione Generale Welfare regionale, soprattutto dopo le recenti esperienze in pandemia.
Non sono definiti territori, collocazione e governance di Ast e di Asst; non sono definiti i numeri di Ao, Irccs e Istituti universitari, e non c’è nulla a tutela della loro autonomia e alta specializzazione; mancano i compiti di produzione Lea che saranno affidati alle Asst e Ao. Poco chiari anche il ruolo e coordinamento degli Ircss e della ricerca; l’integrazione della sanità privata nei rapporti sempre più intricati e concorrenziali tra pubblico e privato. 

Per Didonè, la questione del rapporto pubblico privato va riesaminata non dal punto di vista ideologico ma di sistema. La grande sfida, infatti, sarà sugli investimenti che andranno al pubblico, sul cui rafforzamento la Moratti non si esprime. Dalla bozza si può facilmente prevedere che la crescita del privato, nel nome di una mal formulata libertà di scelta, prosegua anche con la riforma che la vice presidente sta promulgando in perfetta continuità con il passato.

Servono più coraggio, risorse, personale  

Nel progetto, le Asst continueranno a gestire sia la sanità ospedaliera che quella territoriale, a rischio di un permanere della confusione di ruoli. Sul territorio i Presst (figura mitologica della precedente riorganizzazione, mai veramente entrati in funzione) saranno sostituiti dai Distretti che valuteranno il bisogno locale, la programmazione territoriale e l’integrazione tra medici di medicina generale e la rete dei professionisti socio sanitari dei diversi ambiti. Poi le Case della comunità, le Centrali operative territoriali e gli Ospedali di comunità.
Dice Didonè: 

“Più coraggio, più risorse, più personale, più formazione, perché la sanità lombarda ha soprattutto bisogno di risorse fresche per rifondare la medicina territoriale e stabilizzare le risorse mature per confermare l’eccellenza dei nostri ospedali che attraggono pazienti da altre regioni e da ogni parte del mondo”.

La riforma, infine, 

“sembra una bella operazione di chirurgia estetica, ma sotto silicone e botulino rimarrà qualcosa? La sfida del Pnrr ci obbligava forse a qualche aspettativa maggiore”.